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Perchè è ancora così difficile contattare uno Psicologo o una Psicologa?

16 Aprile 2021 di Dr Letizia De Mori
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Perchè è ancora così difficile contattare uno Psicologo o una Psicologa?

Mai come in questo momento storico segnato profondamente da una pandemia mondiale, con

conseguenti restrizioni a tutela della popolazione, ha mostrato un effetto secondario e invisibile: la

manifestazione di fragilità (che in realtà molto probabilmente erano già presenti in forma più

“silenziosa”). Ogni singolo individuo da un anno a questa parte ha vissuto momenti difficili,

percependo la necessità di un aiuto, un supporto per poter “andare avanti”, per poter vedere e

iniziare nuovamente a programmare il futuro.

La voglia di stare meglio nasce proprio dalla necessità di ritrovare un equilibrio smarrito, con

meccanismi in continua modulazione e di difficile applicazione, una sorta di sforzo quotidiano

sviluppato attraverso costanti autovalutazioni, segnate però da frustrazione profonda.

Ma perchè a volte risulta difficile contattare una figura professionale come quella dello Psicologo e

della Psicologa per essere accompagnati e supportati in queste difficili mediazioni interne?

Perchè in questo nuovo millenio nel quale sono stati superati limiti fisici, terrestri e spaziali,

l’azione collegata alla volontà di un supporto psicologico rimane incastrata all’interno di uno

stereotipo ormai centenario?

Contattare uno psicologo una psicologa è difficile certo, ma solo da un punto di vista di

consapevolezza per quanto riguarda l’accettazione del proprio disagio; chiedere aiuto ad un

professionista è un’importante opportunità che la persona da a se stessa non solo per risolvere la

problematica attuale, ma anche per imparare i propri meccanismi adattivi, operativi, di pensiero e

reattivi. Un vero investimento su se stessi per arricchiersi e conoscersi in aspetti a volte sconosciuti.

Spesso lo sforzo mentale che una persona decide di intraprendere ha un costo molto alto (in termini

di energia interna), in quanto il passo di chiedere aiuto viene vissuto come un fallimento personale e

non viene concepito come la necessità di aver bisogno di nuove strategie mentali.

A questo punto, quindi, la motivazione legata alla difficoltà nel chiedere aiuto sembra essere

capovolta, ovvero non sembra più essere connessa alla figura stereotipata dello Psicologo o della

Psicologa, bensì a una autorestrizione che l’essere umano (in particolare e in maggioranza i maschi)

mostra per timore di mostrare le sue fragilità, di perdere il suo ruolo, come spiegato da Seidman nel

2010, e successivamente da Mayer nel 2018, studi nei quali viene posto l’accento curca il ruolo

importante dato all’educazione occidentale, la quale avvia i ragazzi ad assumere atteggiamenti

stoici e chiusi a livello emotivo, dando di conseguenza un punto di vista negativo nei confronti di

atteggiamenti opposti (positivi), perchè essere empatici, mostrare emozioni come la tristezza, viene

considerato come atteggimenti modesti e femminili, e quindi fragili.

In una ricerca svolta da Huang e dal suo gruppo di ricerca nel 2017, chiedere aiuto mostra

un’apertura responabile e con buone capacità relazioni.

Appare chiaro a questo punto che dare un’immagine di se stessi forte rimane un punto importante a

livello sociale, senza considerare il rischio di innescare un meccanismo di sacrificio nei propri

confronti, sacrificio che include corpo e mente.

Consapevolezza, e accettazione. Parole chiave alla base di ogni richiesta di aiuto.

Dr. Letizia De Mori


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