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Perchè è ancora così difficile contattare uno Psicologo o una Psicologa?

Mai come in questo momento storico segnato profondamente da una pandemia mondiale, con

conseguenti restrizioni a tutela della popolazione, ha mostrato un effetto secondario e invisibile: la

manifestazione di fragilità (che in realtà molto probabilmente erano già presenti in forma più

“silenziosa”). Ogni singolo individuo da un anno a questa parte ha vissuto momenti difficili,

percependo la necessità di un aiuto, un supporto per poter “andare avanti”, per poter vedere e

iniziare nuovamente a programmare il futuro.

La voglia di stare meglio nasce proprio dalla necessità di ritrovare un equilibrio smarrito, con

meccanismi in continua modulazione e di difficile applicazione, una sorta di sforzo quotidiano

sviluppato attraverso costanti autovalutazioni, segnate però da frustrazione profonda.

Ma perchè a volte risulta difficile contattare una figura professionale come quella dello Psicologo e

della Psicologa per essere accompagnati e supportati in queste difficili mediazioni interne?

Perchè in questo nuovo millenio nel quale sono stati superati limiti fisici, terrestri e spaziali,

l’azione collegata alla volontà di un supporto psicologico rimane incastrata all’interno di uno

stereotipo ormai centenario?

Contattare uno psicologo una psicologa è difficile certo, ma solo da un punto di vista di

consapevolezza per quanto riguarda l’accettazione del proprio disagio; chiedere aiuto ad un

professionista è un’importante opportunità che la persona da a se stessa non solo per risolvere la

problematica attuale, ma anche per imparare i propri meccanismi adattivi, operativi, di pensiero e

reattivi. Un vero investimento su se stessi per arricchiersi e conoscersi in aspetti a volte sconosciuti.

Spesso lo sforzo mentale che una persona decide di intraprendere ha un costo molto alto (in termini

di energia interna), in quanto il passo di chiedere aiuto viene vissuto come un fallimento personale e

non viene concepito come la necessità di aver bisogno di nuove strategie mentali.

A questo punto, quindi, la motivazione legata alla difficoltà nel chiedere aiuto sembra essere

capovolta, ovvero non sembra più essere connessa alla figura stereotipata dello Psicologo o della

Psicologa, bensì a una autorestrizione che l’essere umano (in particolare e in maggioranza i maschi)

mostra per timore di mostrare le sue fragilità, di perdere il suo ruolo, come spiegato da Seidman nel

2010, e successivamente da Mayer nel 2018, studi nei quali viene posto l’accento curca il ruolo

importante dato all’educazione occidentale, la quale avvia i ragazzi ad assumere atteggiamenti

stoici e chiusi a livello emotivo, dando di conseguenza un punto di vista negativo nei confronti di

atteggiamenti opposti (positivi), perchè essere empatici, mostrare emozioni come la tristezza, viene

considerato come atteggimenti modesti e femminili, e quindi fragili.

In una ricerca svolta da Huang e dal suo gruppo di ricerca nel 2017, chiedere aiuto mostra

un’apertura responabile e con buone capacità relazioni.

Appare chiaro a questo punto che dare un’immagine di se stessi forte rimane un punto importante a

livello sociale, senza considerare il rischio di innescare un meccanismo di sacrificio nei propri

confronti, sacrificio che include corpo e mente.

Consapevolezza, e accettazione. Parole chiave alla base di ogni richiesta di aiuto.

Dr. Letizia De Mori


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Disturbi Alimentari

Giornata Fiocchetto Lilla

Oggi 15 Marzo, è la giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata ai disturbi della nutrizione e
dell’alimentazione, tra cui anoressia e bulimia. Questa ricorrenza è presente da 9 anni che vuole portare ad
una maggiore riflessione su questi disturbi. E’ un’iniziativa nata dal padre di una ragazza 17enne che a
causa della bulimia ha perso la vita proprio in questo giorno. L’anoressia e la bulimia nervosa colpiscono
maggiormente le ragazze con età compresa tra i 15 e i 19 anni, ma l’esordio si abbassa ogni anno di più,
colpendo anche la categoria maschile. Fondamentale per questa classe di disturbi è identificarli ed
intervenire precocemente, in quanto se non trattati adeguatamente e tempestivamente, aumentano il
rischio di danni permanenti a tutto l’organismo, che nei casi più gravi può portare alla morte. In questo
lungo anno, caratterizzato da una pandemia globale, abbiamo evidenze di un aggravamento dei disturbi
alimentari, soprattutto negli adolescenti. La pandemia sta portando numerosi cambiamenti di tipo sociale e
relazionale, questo coinvolge in modo predominante adolescenti e bambini che stanno sperimentando la
solitudine, data dal fatto che non si ha più la socializzazione legata all’ambiente scolastico e all’attività
fisica. L’isolamento sociale porta ad un aumento dei disturbi alimentari perché la gestione delle emozioni
avviene attraverso il sintomo alimentare. Questo sintomo può essere la restrizione dietetica, calorica o
cognitiva, che porta a “tagliare” o ridurre la quantità totale di cibo introdotto, o le abbuffate (oggettive o
soggettive), le quali consistono nel mangiare in un breve periodo di tempo (circa 2 ore) una grande quantità
di cibo con perdita di controllo, ossia l’incapacità di interrompere tali episodi. In un periodo in cui le attività
al di fuori di casa sono ridotte al minimo si è evidenziato un peggioramento della preoccupazione relativa al
peso e forma del corpo, e della stessa alimentazione, questo evidenzia come i sintomi specifici di tale
patologia correlati agli effetti della pandemia creano un ambiente predisponente per l’aggravamento dei
sintomi alimentari. Uno studio (Ramalho, S.M., Trovisqueira, A., de Lourdes, M. et al. The impact of COVID-
19 lockdown on disordered eating behaviors: the mediation role of psychological distress. Eat Weight
Disord 2021) pubblicato su “Eating and weight disorders” ha preso in esame 325 soggetti con disturbi
dell’alimentazione, in prevalenza anoressia nervosa, con lo scopo di capire quali fattori della pandemia
(isolamento, paura del contagio, perdita di lavoro) hanno causato lo sviluppo e peggioramento dei sintomi
alimentari. Da quanto emerso la paura del contagio e l’isolamento hanno causato un peggioramento nei
sintomi alimentari, insieme al ridotto contatto sociale con gli amici e al peggioramento delle relazioni
familiari. Ci sono diversi campanelli d’allarme di cui bisogna tenere conto come atteggiamenti molto
restrittivi nell’alimentazione, riduzione dell’introito calorico ed eliminazione di alcune categorie di alimenti
(spesso carboidrati). Oltre a questi bisogna prestare attenzione alla tendenza all’isolamento, alla
misurazione eccessiva del peso o il suo evitamento, alla tendenza a saltare i pasti o la lentezza nel
mangiare. Fondamentale è mantenere il normopeso che ci permette di restare in salute e stare bene con
noi stessi, imparare ad essere più flessibili e meno giudicanti con noi stessi è la chiave per un buon
equilibrio psicofisico.

Dr. Deborah Fasoli


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Psicologi e Psicologhe

QUANTO LE PSICOLOGHE E GLI PSICOLOGI SI ESPONGONO AL RISCHIO?

Alcuni rischi a cui sono esposti Psicologi e Psicologhe tutti i giorni

Nella idea comune, quasi uno stereotipo, gli Psicologi sono visti come simil veggenti, che leggononella mente, a volte sono considerati come un pericolo (soprattutto per le menti più in difficoltà e a
rischio).
In realtà gli Psicologi sono anche persone e come tali vanno considerati e trattati, ovvero con
rispetto e quel giusto sentimento, tanto da non dimenticare che anche noi da dietro alla nostra
scrivania possiamo essere esposti a pericoli.
A tal proposito credo e potrebbe essere emblematico riportare un evento che spesso si perpetua,
soprattutto per le Psicologhe, ovvero le molestie che passano attraverso un velato tentativo di aiuto
e supporto psicologico.
Molte volte noi Psicologhe siamo esposte a provocazioni, prevaricazioni, abusi verbali e sessuali,
aggressività verable e fisica, subiamo minacce più o meno dirette, in quanto donne.
La nostra disponibilità nell’offire le nostre competenze e quell’intimità che da sempre caratterizza
le stanze dei nostri Studi, mettiamo a disposizione anche i nostri numeri di telefono per essere più a
portata di mano per tutti coloro che nel momento di difficoltà mentale e quotidiana necessitano di
poter gridare in silenzio il disagio che rende i loro pensieri affannati…in mezzo a tutta la nostra
professionalità ci sono anche chi intravede in questa nostra disponibiltà un’occasione, ma non di
terapia bensì di abuso e con parole non troppo velate si insinuano all’interno delle nostre giornate
con richieste ben precise.
Le Psicologhe e gli Psicologi sono sempre esposti a pericoli mentali e fisici, abusi e violenze, in
quanto per il loro ruolo e per la loro missione si espongono e si prendono la responsabilità di agire
in prima linea.
Anche le Psicologhe e gli Psicologi possono temere per la loro incolumità, ma il senso di
responabilità che ci caratterizza e ci accomuna, ci da la voglia e la forza di superare gli abusi, le
minacce e le continue persecuzioni che le persone più fragili e in difficoltà ci rivolgono.
#psychologistoverabuse
#psychology
#missionandresponsability

@Studio_Psy_Dr.Letizia_DeMori

@studiopsicologicodrletiziademori


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Cosa ci dobbiamo aspettare ora dopo il lockdown da COVID-19?

La pandemia mondiale da COVID-19

ha all’improvviso bloccato il regolare corso delle nostre vite, mutandole per sempre.

Dal punto psicologico, dopo l’isolamento forzato (a fin di bene!) i risvolti e le conseguenze sono
diversi, nello specifico:
– Bambini: nei bambini si sta evidenziando (tra i diversi piccoli pazienti presenti nel nostro Studio) un incremento di caduta dell’attenzione, memoria ridotta, scarse stratetigie di apprendimento, iperattività, disturbi del sonno, segno e sintomi che potebbero rientrare nel quadro della depressione, in quanto all’improvviso sono stati bloccati nel loro esprimersi
quotidiano, così come sono state bloccate le relazioni sociali e concrete, mentre sono state attivate una serie di compensazioni (come le videochiamate con gli amichetti) che per quanto importanti e all’avanguardia, hanno fatto aumentare il loro senso di isolamento e di
frustrazione, esponendoli a una realtà completamente nuova per la quale hanno dovuto imparare molto velocmente nuove strategie per poterla gestire.

– Adulti: le modalità riflessive degli adulti nei mesi di isolamento sociale sono state dominanti, e “l’obbligo” di riflessione ha portato molte volte alla revisione di priorità, legami, scelte e decisioni, a tal punto da non poter più ignorare le nuove richieste e dovervi dare un nuovo assetto funzionale.
– Anziani: la paura di essere colpiti per primi, e di dover finire le loro esistenze in piena solitudine, ha portato a sviluppare un funzionamento cognitivo del tutto nuovo che li ha portati a essere più pronti ma allo stesso tempo più impauriti di perdere gli affetti prima del tempo.
– Realtà a rischio: durante il lockdown le situazioni già a rischio sociale sono state esacerbate, gli abusi fisici, psicologici, sessuali, economici sono aumentati in percentuali molto elevate mettendo le persone coinvolte in condizioni di disperazione e anullamento.
– Persone in disagio: nei mesi di lockdown le persone che avevano pregresse situazioni di disagio in realtà si sono rilevate essere “più pronte” della maggior parte della popolazione non a rischio (apparente), dando lezioni di continimento mentale significativo, in quanto l’isolamento è di per sè un fattore mentale, e le persone che lo vivono nella quotidianità sono state più funzionali e adattive.
Recenti studi pubblicati sulle riviste più importanti a livello internazionele, hanno sottolineato quanto nei mesi successivi al rilascio del lockdown la popolazione mondiale sarà messa a dura prova a livello emotivo e mentale a tal punto da ipotizzare un possibile incremento dello svilupparsi di disagi mentali molto significativo (per alcuni autori anche fino all’80%).

@Studio_Psy_Dr.Letizia_DeMori

@studiopsicologicodrletiziademori


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L’ADOLESCENZA


ADOLESCENZA

É una tappa evolutiva, un passaggio di vita che impone al bambino di attraversarla per poter arrivare successivamente nel “mondo” dei giovani adulti.

In questo passaggio di vita, che dura circa dai 12 ai 18 anni, i ragazzi vengono letteralmente scossi da molti e complessi cambiamenti iniziando da quello ormonale sino a arrivare a quello ideologico.

La componente ormonale anche se la più naturale nasconde risvolti secondari molto significativi a livello fisico (come per esempio il cambio della voce nel maschio e lo sviluppo del seno nelle femmine), a livello psicologico (come ad esempio l’esperire emozioni nuove come quella della depressione, tipica di questa età).

E’ questo periodo di vita che ragazzi e ragazze si allontanano ideologicamente e mentalmente dal nucleo familiare per trovare altri esempi da seguire e dai quali ricercare una propria identità, per poi ritornare vicino (se possibile) al modello iniziale della famiglia. In questo lasso di tempo l’adolescente deve fare i conti con tutti i vissuti che durante l’infanzia non sono stati superati e cercare di superarli al meglio senza riportare cicatrici, infatti molto spesso oggi più che in passato i “teenagers” portano con sé un vissuto molto negativo il quale fa sì di appesantire la persona nel suo lungo percorso.

La famiglia in tutto questo gioca un ruolo fondamentale e deve essere in grado di supportare (e sopportare) il caos emotivo che si è scatenato nel figlio; la famiglia gioca un ruolo importante in quanto interessata a sua volta del cambiamento, perché deve essa stessa ritrovare un proprio equilibrio interno, ecco perché tutto l’assetto dovrebbe essere rivisto e modulato nuovamente.

Attualmente l’adolescente, a differenza di anni fa, si trova a gestire diverse identità, le più importanti sono quella corporea (in quanto il corpo è mediatore tra essi e il mondo), quella sociale (in quanto varia in base al ruolo che si intende assumere in un certo contesto) e quella di rete (nuovo tipo di identità che i genitori non sono in grado di cogliere in tutti le sue sfumatura in quanto non ne hanno mai avuta una durante la loro adolescenza, questa identità diventa fluida e multipla all’interno del web, essa avrebbe effetti molto forti anche “off-line”). Tra queste sembra che l’identità di rete sia la più significativa per i nuovi adolescenti, la quale purtroppo se attaccata in modo diretto o indiretto potrebbe portare a comportamenti anche dannosi per la persona.

All’interno di questo contesto lo Psicologo si presenta come una figura di riferimento da una parte per la famiglia e dall’altra per l’adolescente, in quanto entrambi necessitano di un sostegno costante per ritrovare un equilibrio e una nuova definizione di se stessi.

@Studio_Psy_Dr.Letizia_DeMori

@studiopsicologicodrletiziademori

 


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La Terapia Razionale Emotiva Comportamentale (REBT) può rappresentare un valido supporto, insieme ad azioni di carattere più pratico, per i ragazzi vittime di bullismo, attraverso un lavoro finalizzato a modificare quelli che la REBT chiama pensieri disfunzionali, i quali hanno la caratteristica di essere talmente radicati, rigidi e automatici che non permettono di interpretare la realtà in modo oggettivo.


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